Dicono di me - Maria Billeri - sito ufficiale del soprano italiano - official website of the italian soprano

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Dicono di lei

I Lombardi alla prima Crociata (2018)
-Teatro Regio di Torino, 18 e 20 aprile 2018

Connessiallopera

La scrittura di Giselda presenta difficoltà tali da essere ritenuta una delle più ardue dell’intero repertorio sopranile, sino al punto di meritarsi la fama di “incantabile”. Le ragioni vanno ricercate nella tessitura scomodissima, che insiste di continuo (e anche “a freddo”) sulla zona del passaggio, e nelle innumerevoli salite all’acuto (i do non si contano, ma ci sono pure i re bemolli) da affrontarsi con una gamma di dinamiche quanto mai variegata. C’è poi la quantità di pagine affidate al personaggio, che si ritrova costantemente in scena, soprattutto nella seconda parte dell’opera. Qui Maria Billeri dà una straordinaria prova di professionalità, rispondendo così alle sollecitazioni di un giovane Verdi in preda a un attacco di sadismo. Questa Giselda passa dalle estatiche mezzevoci di “Salve Maria” al grande cantabile “Se vano è il pregare”, seguito dagli sbalzi ampi e sostenuti di “No! giusta causa” fino alle improbe fioriture rapide di “Non fu sogno” con un’ammirevole miscela di musicalità, tecnica e interpretazione. E se qualche estremo acuto può risultare ghermito, la lunghezza dei fiati, la pienezza della cavata, l’espansione dello strumento, soprattutto nei centri e nella fascia medio-acuta, sono tesori che non passano inosservati. Per di più il fraseggio, così come il colore stesso della voce, sono quanto di più autenticamente verdiano mi sia capitato di udire dal vivo in tempi recenti.

Andrea Dellabianca

Operaclick

Tra le voci più dotate, sia timbricamente che per volume e ricchezza di cavata, dell'attuale panorama sopranile, Maria Billeri, grazie alla tecnica scaltra, affronta spavaldamente il personaggio di Giselda, nato per voci di minor peso, che riescono a svettare con minor fatica nelle sadiche salite all'acuto che Verdi prevede un po' ovunque, e costringono i veri soprani drammatici a forzare l'emissione, oltre che ad eseguire con cautela i passaggi di coloratura più serrati. La Billeri può sfoggiare, oltre alla potenza e alla rotondità dei centri e del registro di petto, anche gusto ed eleganza negli accenti, che uniti alle caratteristiche vocali la renderebbero ideale per ruoli come Aida o Leonora di Vargas, accanto alle frequentate Turandot e Abigaille. Il canto di questa Giselda è generoso, l'interprete è nobile e partecipe in ogni passaggio, la voce si impone nei concertati come è raro ascoltare e come è precluso a soprani lirici (perché sarà atipica quanto si vuole questa parte, ma sempre di Verdi si tratta) e anche l'ardua Preghiera del primo atto è risolta con perizia, alleggerendo lo strumento.[…]
Il pubblico tributa un franco successo all'esecuzione, con lanci di fiori sul palcoscenico e applausi intensi e prolungati, in particolare per Mariotti, Billeri e Mimica.

Fabrizio Moschini

L’Ape musicale

Il soprano Maria Billeri, da par suo, è una Giselda gradevole, eccessivamente uniforme sul piano dinamico ma applaudita a scena aperta nella impervia preghiera 'Salve Maria!', convincente in finale di secondo atto nell'accorata riflessione sull'inutilità della guerra di religione e in crescendo nel finale con un'ottima esecuzione della grande aria 'Qual prodigio!', abile nel declamato e nel dispiegare un canto di nobile accento e meditata espressione.

Alberto Ponti



In scena canto la forza delle donne – Intervista a Maria Billeri

Connessiallopera 12 aprile 2018   
Persona estremamente volitiva, schietta e umile, sempre sorridente, con una passione per i gatti, la cucina e un occhio di riguardo per la natura: ecco, in poche parole, chi è Maria Billeri. Più articolato è, invece, il suo profilo vocale. Voce importante per volume e dalla cavata ricca, impostasi negli ultimi anni all’attenzione di pubblico e critica come cantante-attrice dalla solida musicalità e dalla prepotente personalità interpretativa, nella prima parte della sua carriera affronta ruoli da soprano lirico, emergendo in un secondo tempo come soprano drammatico. Originaria di Pisa, si diploma giovanissima in canto al conservatorio di Ferrara e, successivamente, consegue il Diploma di II livello in Discipline musicali (Canto lirico teatrale) a Livorno. Vincitrice di numerosi concorsi nazionali e internazionali di canto, ha seguito corsi di perfezionamento con Magda Olivero, Yva Barthelèmy e Claudio Desderi fra gli altri. Dopo il suo debutto a Jesi, nel 1990, ha affrontato diverse parti in opere di Puccini (Mimì, Giorgetta, Tosca, Cio-Cio-San, Turandot), Verdi (Amelia nel Simon Boccanegra, Elisabetta di Valois, Amalia, Leonora ne Il trovatore, Abigaille, Elvira, Aida), Bellini (Adalgisa, Norma), Donizetti (Maria Stuarda, Maria de Rudenz), Cherubini (Medea), Bizet (Micaëla), del repertorio verista (Santuzza, Nedda), di compositori novecenteschi (la Prima Corifea in Assassinio nella cattedrale di Pizzetti, Bèrbera Jonia nell’opera di Ennio Porrino I Shardana). Nel corso degli anni ha calcato molteplici palcoscenici, sia in Italia (Circuito Lirico Lombardo, Donizetti di Bergamo, Regio di Torino, La Fenice di Venezia, Arena di Verona, Comunale di Bologna, Regio di Parma, Opera di Firenze e Roma, Massimo di Palermo, Petruzzelli di Bari, Lirico di Cagliari), che all’estero (Avenches Festival, Vienna, Praga, Zagabria, São Paulo).
In questi giorni è al Teatro Regio di Torino, dove canterà per la prima volta Giselda nei Lombardi alla prima crociata di Verdi in scena dal 17 al 28 aprile.

Un ruolo complesso e, vocalmente parlando, diverso da quelli che ha affrontato sino a oggi. Scritto da Verdi per il soprano Erminia Frezzolini che, fra gli altri, vestì i panni di Beatrice di Tenda, Gilda, Adina e Giovanna d’Arco, presenta parecchi virtuosismi.
Sì, forse la vocalità duttile ed eccezionalmente agile della Frezzolini ha condizionato Verdi nella creazione di una parte così complessa. Il ruolo non grava sul registro medio e basso della voce facendo salti verso l’acuto, come nel caso di Abigaille ma, anzi, si spinge soprattutto dalla zona del passaggio verso quella degli acuti e dei sovracuti, mantenendo una tessitura sostanzialmente alta. Si potrebbe definire Giselda un soprano lirico di agilità, ma credo che questa sia una definizione abbastanza limitante. Il canto di Giselda è sì talvolta lirico, spianato, specie nella preghiera del primo atto, ma nella seconda aria al canto spianato si aggiunge una coloratura che porta spesso nelle vette più alte, tipiche del soprano più leggero. La cabaletta gioca invece su acuti gettati come lame, invettiva contro i malfattori sanguinari che combatte con la forza del suo pacifismo e della sua fede, con una vocalità drammatica. Il canto ridiventa lirico nel duetto e poi nel terzetto. La visione è scritta tutta su colorature elegiache e, nel rondò finale, l’agilità ridiventa improvvisamente quella del soprano leggero. Insomma, una parte che mette a dura prova la voce.

Ci parli del personaggio: che donna è Giselda?
È una ragazza che subisce gli eventi tragici familiari con una fede incrollabile. Una pacifista convinta: la sua prima parola nell’opera è “Pace” e le ultime sono lodi a Dio. Nonostante ci sia l’ombra minacciosa dello zio Pagano, di lì a poco parricida, lei non ha paura e prega la Madonna. Il suo amore è contro ogni convenzione e senza indugio ama, riamata, un infedele, Oronte, un uomo di altra religione. Prega la madre morta e Dio per ricongiungersi al suo amato creduto morto ma non chiede mai vendetta. Diventa donna di grande carattere, a discapito di quanto volesse la concezione del femminile in quel tempo, con la grande invettiva contro coloro, compreso il padre Arvino, che hanno versato sangue nonostante il volere di un Dio di pace. È personaggio che non si dispera ma spera sempre nel Cielo anche quando sa che Oronte ormai è morto. In più ha sempre un’aura di visionaria, quasi di folle, il che non guasta.

Come si trova a lavorare con Michele Mariotti?
Sono stata diretta dal Maestro Mariotti sia in Norma che in Nabucco dove già si era instaurata un’ottima sintonia, che ritrovo anche adesso. È un grande direttore, con bellissime idee musicali e tanto rispetto verso i cantanti. Ha molta competenza nonostante la giovane età e sa ottenere il massimo dagli artisti.

Non è la prima volta che si esibisce al Teatro Regio: Simon Boccanegra con Daniel Oren, Assassinio nella cattedrale diretta dal compianto Bruno Bartoletti, Norma  proprio con Mariotti sul podio. Che cosa si prova a cantare su queste tavole?
Il palcoscenico di Torino è quello che ho calcato con più assiduità e ogni volta è come ritornare a casa, in famiglia. Appena oltrepasso la porta dell’ingresso artisti vedo le facce cordiali di chi lavora lì dentro, noto la precisione, il modo propositivo di affrontare le produzioni, il rispetto, la gentilezza. Mi sento fortunata e onorata di tornare al Regio: il ricordo più forte è proprio quello della Norma del 2012, le cui recite sono state un crescendo emozionale che ancora mi commuove.

Lei ha spesso impersonato donne di temperamento: Medea, Maria de Rudenz, Abigaille, Norma, Turandot. Quale, fra queste, le ha dato maggiori soddisfazioni?
Ognuno di questi personaggi ha lasciato in me ricordi indelebili. Ogni volta che li ho affrontati ho ricevuto emozioni incredibili. Però il mio cuore è preso particolarmente da Norma. C’è tutto: la musica sublime, il carattere in evoluzione della sacerdotessa, della donna, della madre. Ogni volta arrivo alla fine e la commozione rimane in me per ore dopo la recita.

C’è una produzione, un titolo che ricorda con piacere e che, se fosse possibile, interpreterebbe nuovamente?
Medea e Maria De Rudenz mi hanno lasciata con la voglia di rimettermi alla prova in quei panni. Sono ruoli assai complessi che mi hanno fatto scoprire un’altra parte della mia vocalità e che, purtroppo, ho cantato in una sola produzione. Mi piacerebbe rileggerli e affrontarli ancora per trovare anche nuove vie di interpretazione. Vorrei cantare nuovamente pure Aida ed Elisabetta del Don Carlo.

C’è un ruolo in particolare che le piacerebbe debuttare?
Più di uno. Penso ad alcuni personaggi di Verdi, il compositore al quale mi sento più vicina vocalmente, ma anche di Puccini, Catalani, Giordano. Ho voglia di ruoli di donne forti dove la mia voce, fatta per il canto spianato, possa mettersi in luce completamente. Parti come Wally, Gioconda, Leonora della Forza del destino.

In un’epoca digitale come la nostra, qual è il suo rapporto con i social?
Devo dire che all’inizio ho trovato entusiasmante l’idea di poter contattare amici e farne di nuovi con la rete. Condividere idee, opinioni, leggere notizie fuori dalle testate ufficiali di tv e giornali, in un florilegio di libertà, mi ha inebriata. Tutto questo entusiasmo poi è scemato lentamente. La libertà di opinione non è reale, è spesso il risultato di manipolazioni studiate a tavolino. Haters, influencer, troll…è tutto troppo per me. Questo nascondersi dietro le tastiere di un pc o di uno smartphone con un nickname, questa intolleranza verso le opinioni diverse, il far girare notizie false per fomentare odio o influenzare le menti altrui, ecco, non ce la faccio a concepirli. Ho molto limitato, di conseguenza, la mia presenza sulla rete. Chi mi vuole sa come trovarmi. Ho sempre risposto a tutti quelli che mi contattano e continuerò a farlo con altri mezzi.

Oggi sempre più giovani studiano canto lirico, cercando di intraprendere la carriera teatrale. Che cosa sentirebbe di consigliare loro?
La mia carriera è cominciata in un periodo non lontanissimo in cui c’erano altri tipi di pressione mediatica. Oggi si dà molta importanza alla presenza fisica, spesso a discapito della voce. Vedo le carriere delle nuove leve partire molto presto e poi finire altrettanto presto per scelte di repertorio sbagliate: la tendenza è quella di adeguare i fisici ai ruoli da interpretare e, se può essere bello a vedersi, non sempre ciò va bene per la voce. Mi piacerebbe che si potessero sentire di nuovo voci adatte al repertorio giusto e, soprattutto, vorrei che chi occupa posti di responsabilità nel mondo del teatro non spingesse giovani promettenti a rovinarsi. Per questo consiglio coloro che intraprendono lo studio o la carriera nel mondo della lirica di fare davvero attenzione al repertorio e di cercare una persona di fiducia che sappia consigliarli senza secondi fini. I giovani con i quali ho a che fare spesso si rivolgono a personaggi con poche competenze con il miraggio di arrivare prima possibile ai più alti livelli, magari avendo ancora tecnica approssimativa e una conoscenza musicale appena sufficiente. In questo periodo, poi, stanno proliferando concorsi e iniziative dove, nel bando, si leggono richieste di soldi esorbitanti per un giovane. Meglio informarsi bene prima di partecipare a queste audizioni: non si deve pagare per lavorare. Ci sono tantissime voci interessanti che meritano di essere ascoltate e di calcare i palcoscenici più importanti, anche se riconosco che non è un periodo facile per l’opera, specie in Italia. Mi auguro che chi ha talento non smetta mai di lottare.

Stefano Balbiani

Concerto lirico sinfonico (2016)

-Teatro Mascagni, Chiusi, 5 agosto 2016

Connessiallopera
Che io sia un convinto estimatore di Maria Billeri è cosa nota. Fin da quando ebbi modo di ascoltarla come protagonista della Medea di Cherubini nel 2010 e, negli anni successivi, nei vari Ernani, Nabucco, Turandot, Norma (bellissima quella al Teatro La Fenice, nel luglio dello scorso anno), come pure nella Maria de Rudenz di Donizetti (in due recite memorabili nel 2013 a Bergamo), mi sono trovato ogni volta al cospetto di una professionista a tutto tondo, di una musicista impeccabile, di una cantante-attrice dotata di talento, quello vero. È stato quindi un piacere l’averla ritrovata in perfetta forma, ospite dell’Orizzonti Festival, in un concerto lirico-sinfonico il cui programma ha rappresentato un vero e proprio tour de force della vocalità verdiana. La Billeri possiede una voce di vero soprano lirico-spinto sonora, voluminosa e rigogliosa in tutti i registri. La capacità di sostenere quelle escursioni dinamiche che spingono il suo strumento fino a forti e a fortissimi pieni e corposi è una delle caratteristiche che, assieme al temperamento dirompente, rendono questa artista particolarmente adatta al repertorio del soprano drammatico. Bastano infatti poche note del recitativo dell’aria di Elvira dall’Ernani per ascoltare un suono ampio e timbrato, perfettamente sostenuto dal diaframma. La dizione chiarissima si sposa ad un fraseggio nobile e rifinito, così come gli accenti che cadenzano ritmicamente il successivo arioso risultano del tutto esemplari. A seguire, “Tutto sprezzo che d’Ernani”, una fra le cabalette più ostiche concepite da Verdi, evidenzia un dominio delle agilità sicuro e disinvolto, soprattutto se rapportato al “peso” effettivo di una voce di tale caratura. La Billeri è poi molto abile nel diversificare subitaneamente l’atmosfera di ciascun brano, passando da recitativi scolpiti ed imperiosi, a cantabili realizzati attraverso un legato d’alta scuola e fiati da manuale, così come si evince particolarmente in “Anch’io dischiuso un giorno” da Nabucco (coronata, peraltro, da un do acuto in pianissimo di grande suggestione), momento che procura alla cantante un prolungato applauso ancor prima dell’esecuzione della successiva cabaletta. Il timbro è di bella qualità e smaltatura e si mantiene omogeneo nel colore, mentre l’emissione permane morbidissima, almeno fino agli estremi acuti da emettersi con forza, laddove il suono diviene appena più vibrato e graffiante, peculiarità questa, che il soprano sfrutta con astuzia a fini drammatici. L’aria di Lady Macbeth mostra altrimenti il lato più cupo e ferino dell’interprete, la quale appare talmente calata nel personaggio da far dimenticare al pubblico presente, soggiogato dal magnetismo scenico che promana dall’artista pisana, di stare assistendo “solamente” a un concerto. Come da programma, in conclusione, la Billeri (ancora “fresca come una rosa”, occorre dirlo) attacca “Pace, pace mio Dio” da La Forza del Destino e questa volta, la vocalista prende il sopravvento producendosi in un’esecuzione mozzafiato di quest’aria. Le volute melodiche del canto, la cavata preziosa, le frasi lunghe, quasi interminabili (cosa non è, in bocca alla Billeri, quel “L’amai, gli è ver!…ma di beltà e valore cotanto Iddio l’ornò, che l’amo ancor”), le messe di voce profuse a piene mani lungo tutta la durata del brano (una per tutte, quella sul si bemolle acuto di “invan la pace” che da un iniziale pianissimo si espande progressivamente fino a riempire tutta la sala), sono prodezze vocali che non si ascoltano tutti i giorni e, difatti, al termine dell’aria vengono salutate dal pubblico con un applauso roboante. Richiesto a gran voce, subito dopo arriva anche il bis a sorpresa: “Un bel dì vedremo” dalla pucciniana Madama Butterfly. Qui, la Billeri dà prova di saper sostenere anche un canto più dolce ed introspettivo, cesellando comunque con la consueta autorevolezza la celeberrima aria e siglando così una performance di assoluto livello. A questo punto sorge spontanea una riflessione: in un epoca in cui, stagione dopo stagione, direttori artistici insipienti, supportati da agenti compiacenti, ci propinano all’infinito Musette travestite da Aida e Mimì che si spacciano per Abigaille, la verità e l’onestà vocale di un’artista come Maria Billeri assumono prepotentemente la funzione di un’impietosa cartina al tornasole.
Andrea Dellabianca

Operaclick
[…] Entra dunque Maria Billeri ed esegue l'ardua scena di entrata di Elvira dall'Ernani, con recitativo, aria e cabaletta. È stato uno dei suoi ruoli prediletti nel recente passato, con una produzione che ha girato per i teatri del Nord Italia, proprio con la regia di Andrea Cigni.
Segue l'Intermezzo dalla Manon Lescaut, per dare un breve respiro al soprano prima del momento solista di Abigaille. Anche qui recitativo, aria e cabaletta, eseguita in una sola strofa. Il recitativo e l'aria sono uno dei momenti migliori del concerto e fotografano la vocalità del soprano, che, dopo una lunga carriera in sordina come soprano lirico, ha assecondato la naturale evoluzione della voce che l'ha portata ad affrontare il repertorio spinto e drammatico e a imporsi all'attenzione. Momento cruciale di questo passaggio relativamente recente, ma ormai consolidato, furono probabilmente le recite del 2010 a Cremona nella Medea di Cherubini. Lo strumento è molto particolare, possedendo l'ampiezza di cavata del soprano spinto, che trova nel registro medio grave i colori più caldi di un timbro molto bello, unito ad una potenza non comune, che nella piccola sala del Teatro Mascagni risultava impressionante.
Così il recitativo imperioso, che impegna due ottave, contrastava giustamente con l'aria dall'andamento belliniano che impegna la tenuta dei fiati e richiede toni patetici e capacità di alleggerire sul passaggio vocalizzato sulla parola “incanto”.
Seguiva poi […] il Preludio di Macbeth, che introduceva alla scena di ingresso di Lady Macbeth. Dopo la lettera, anche qui di nuovo recitativo, aria e cabaletta, di un ruolo non ancora affrontato in teatro, ma che pare nelle sue corde. Il programma […] si completava con "Pace, pace mio dio", dalla Forza del Destino, altro momento che metteva in evidenza lo spessore del registro centrale del soprano e costituiva probabilmente il secondo momento di spicco del concerto, dopo "Anch'io dischiuso un giorno" dal Nabucco.
Grandi applausi per la cantante, per il direttore e per l'orchestra, che concedevano due bis. Il primo costituiva un inatteso e pucciniano richiamo ad un ruolo affrontato dalla Billeri nel suo passato più lirico, l'aria "Un bel dì vedremo", unica concessione al di fuori del programma verdiano, eseguita con accenti partecipi e intensi. Finale festoso con il Valzer brillante di Verdi orchestrato da Nino Rota, con pubblico entusiasta e lunghe ovazioni per i protagonisti della serata.
Fabrizio Moschini


Nabucco (2015)

-Teatro Pavarotti di Modena, 7,9,11 ottobre 2015  e Teatro Pergolesi di Jesi, 16 e 18 ottobre 2015

Operaclick
Maria Billeri ha acquisito una certa notorietà solo negli ultimi anni, a fronte di una carriera lunga ma sempre a margine dei palcoscenici più noti, la qual cosa si fa davvero fatica a comprendere. Infatti, rilevati per dovere di cronaca alcuni estremi acuti un po’ metallici, va detto che la voce è ricca di armonici, tecnicamente sana e priva di fratture fra i registri ed estesa in alto quanto in basso, adattissima per la parte monstre di Abigaille. Colpisce soprattutto la padronanza del registro basso, mai aperto o sguaiato, evidente fin dall’ingresso Prode guerrier! e ribadito nel periglioso salto d’ottava di Fatal sdegno , in aggiunta a una maturità interpretativa che permette di non rendere Abigaille una virago scalmanata, come sovente accade. Aggiungiamo l’ottima resa di trilli, agilità e acuti nella cabaletta Salgo già del trono aurato (eseguita due volte con variazioni) e avremo una prestazione decisamente d’eccellenza
Domenico Ciccone


Corriere Adriatico
[...] il soprano Maria Billeri (Abigaille), una voce squillante, capace di affrontare con disinvoltura e temperamento da prima donna le micidiali agilità vocali richieste dalla partitura.


Norma (2015)
- Theater “La Fenice”of Venezia
Operaclick
Norma, personaggio tra i più frequentati negli anni recenti da Maria Billeri, che propone una protagonista nel solco di una tradizione ormai perduta, che al giorno d'oggi è considerato quasi una stravaganza, ma che un tempo era pressoché la regola. Vero soprano lirico spinto, infatti, dalla voce ampia e dal timbro prezioso, omogenea e ricca al centro come in basso (dove evita qualsiasi apertura del suono), la Billeri valorizza i cantabili, le parti liriche, il lato più intimo e quello sacerdotale di una parte tanto complessa. Un ruolo, quello di Norma, che, mettendo da parte un paio di esecutrici storiche del dopoguerra (storiche non per caso, in effetti), ha sempre dovuto accettare compromessi e sempre più col passare degli anni è stato affidato a interpreti relativamente leggere, capaci di sostenere i passi più scopertamente belcantistici.
La protagonista impone i suoi accenti nobili  soprattutto nell’esecuzione di “Casta Diva”, nel primo duetto con Adalgisa e nel finale (da “In mia man alfin tu sei” fino alla salita al rogo, dove non è cosa di tutti i giorni ascoltare tre vocalità tanto ricche quali quelli di Billeri, Kunde e Beloselskiy.

Fabrizio Moschini


Turandot (2015)
- Teatro “Coccia” di Novara
Teatrionline
La Billeri, oltre ad aver debuttato con successo nello stesso personaggio a Cagliari la scorsa estate, ha dalla sua una potenza vocale di indiscussa qualità artistica e una presenza dai forti accenti espressivi. Con notevole professionalità, assoluto rigore esecutivo e interpretativo ha affrontato questo ruolo molto impervio con una resa, oseremmo dire, perfetta, trasmettendo agli astanti sicurezza e credibilità scenica.

Opera World
[…]Detto e fatto: il soprano arriva in teatro ad opera già iniziata, ha appena il tempo di vestirsi e darsi una spolverata di trucco e viene subito catapultata in palcoscenico per la scena degli enigmi. La recita si conclude così, poiché se è vero che la Billeri aveva debuttato il ruolo a Cagliari l’estate scorsa, v’è anche da dire che là si eseguì l’opera fin dove la compose Puccini e cioè senza il “finale Alfano”. La nostra “eroina” -altro che Principessa di gelo!- in due giorni ha messo in gola il duettone con il tenore: memoria di ferro. Miracolo “all’italiana” è vero, ma anche vocalità a prova di bomba, musicalità adamantina e saldezza di nervi come pochi altri possono vantare. Questa la breve cronaca di un’avventura finita assai bene, con un pubblico che l’ha festeggiata non solo per il coraggio e la determinazione, ma soprattutto per la bravura. La Billeri, infatti, si impone oggi come una delle più autorevoli Turandot su piazza, e non solo quella italiana. La vocalità, solida e ricca di armonici, è una di quelle che si stagliano sempre, anche sui pieni di orchestra e coro, come per esempio nel trionfale finale secondo. Va aggiunto che la peculiarità del timbro, che poi sostanzialmente è quello di un “liricone” all’antica, cioè ricco nel centro, ma svettante nell’acuto, la rende perfettamente individuabile. Il suono è ricco e ben proiettato, magari non proprio carezzevole, ma certo adatto ai ruoli che richiedono una forza interiore, un’aggressività ed anche, come in questo caso, il tono della crudeltà femminile: si pensa ad Abigaille, a Medea, alla Lady del Macbeth; tutti ruoli che, con la sua autorevole Norma, la vedono primeggiare. Il ché non vuol dire che la Billeri non domini un legato perfetto, non sappia modulare i suoni dal pianissimo al fortissimo, non le riescano messe di voce seducenti ed ammalianti. Insomma, non è stata certo una Turandot di “au sauvatage” o, peggio, di ripiego. Il suo nome dovrebbe figurare tra i primi in cartelli nei teatri internazionali. La sua sostituzione, in fin dei conti, si è rivelata una fortuna, dimostrando, tra l’altro, di avere una presa del personaggio ben maturata, tale da potersi inserire in questo come in qualsiasi altro spettacolo.
Horacio Castiglione

L’Opera
Venuta a mancare a poche ore dalla prova generale Daniela Dessì che avrebbe dovuto vestire i panni della protagonista, a salvare la situazione giunge Maria Billeri, non nuova a questa parte. La sua prova è apparsa all'altezza della situazione, perché la voce, ad onta di un vibrato non sempre controllatissimo, è sana e sonora, anche nei centri, e svetta in acuto senza eccessive slabbrature, ma soprattutto possiede gli accenti giusti per trasmettere il nevrotico travaglio interiore di Turandot: la grinta, il temperamento e certe selvagge sferzate vocali che restituiscono appieno l’imperiosa natura vocale del personaggio e le donano le credenziali giuste per non lamentare che il suo è stato un salvataggio dell’ultimo minuto, bensì la prova di una cantante che sa il fatto suo ed è padrona di questo ruolo perché ne conosce la verità espressiva.
Alessandro Mormile

Palermomania.it
Maria Billeri, superba Turandot, ha espresso colori limpidi e scintillanti con rabbia, sdegno e finalmente gioia. Conosce bene l’impervio ruolo che ha saputo rendere con efficace espressività.
Renzo Bellardone - Agata De Luca

Corriere della Sera
Ma positive le prove di [...] Maria Billeri, chiamata all'ultimo a sostituire Daniela Dessì nella parte eponima.
Enrico Girardi

OperaLibera
Maria Billeri nel ruolo del titolo conferma la sua bravura e i risultati sono decisamente buoni sia dal punto di vista vocale che attoriale. [...] Una Turandot particolarmente fragile ed umana quella di Maria Billeri il che non dispiace.
Margherita Panarelli


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